Celebriamoli, idolatriamoli, facciamoli sentire unici. Coccoliamoli con la nostra simpatia, facciamoli crogiolare nella nostra sincera approvazione. Diventiamo loro fan, non perdiamoci una puntata, impariamo ad amare le loro somigliosissime metà di sangue.

Non perdete tempo a pensare che sia solo un programma, una montatura, un diversivo per far sentire più intellighiotti i pochi che si sono affrancati e che adesso si sentono malinconicamente superiori. No.

Perché qualunque donna abbia avuto almeno un incontro ravvicinato – possibilmente prolungato – con un uomo tra i 20 e i 40 e sua madre sa benissimo che non lo è. Non è una farsa, non è nemmeno una rappresentazione viziata della realtà, non è nemmeno satira. Si chiama REALTA’ e basta. Che poi sia sapientemente orchestrata, proprio per sottolineare il legame edipico e l’inettitudine gasata e laccata dei polletti, e che nessuno di loro voglia davvero trovare un surrogato di mamma, finché quest’ultima è in vita (la mamma fa tutto meglio, e per quello che non può fare lei… beh, ci sono le discoteche), quello ve lo concedo. Ma ciò non toglie che l’ideazione di questa meraviglia di programma non debba aver richiesto agli autori un grande sforzo di creatività.

Guardi lì, fissi attonita lo schermo, e pensi quasi che ti stiano prendendo in giro. Ci (ri)vedi tanti piccoli inetti laccati e orgoglioni di essere italiani. Felici di essere ancora viziati, e riconoscenti di avere ancora, e sempre, innamorate pronte in qualsiasi momento ad afferrare il ferro e dare una stirata alla camicia per la serata, oltre che abilissime nell’ardua arte dell’appaiamento del calzino.

Un gruppo di trentenni etero e meno etero, tutti alla ricerca di una metà simile alla mamma e, cosa ancora più importante, che  ottenga la piena approvazione della mamma. Che le somigli in tutto, che sia materna ma sexy, dolce ma piccante, discreta ma estroversa, colta ma senza pensiero, ma che non sia così somigliante da scavalcarla. L’unico momento dell’intera prima, lunghissima puntata che riesce a farmi sorridere è la serissima osservazione della genitrice del mammone gaio, dopo l’esibizione da mago in erba (eh, tanta erba) di un pretendente altrettanto gaio che da una sciarpina intonsa tira fuori una colomba: “Diciamo che non ho un grande feeling con gli uccelli… [lunga pausa] di nessun genere.” Ha tutta la nostra comprensione, cara mamma.

Decisamente il programma di cui avevamo bisogno. Proprio quello che ci voleva per le nostre generazioni di Inutili-tutto-casa-&-comodità. Tutto amorepermammà & pigrizia. Tutto nonpotreimaimantenermiconquelcheguadagno & uhmanonsofarelalavatricemetapino. Quelli che vedi ogni volta che metti piede in un locale, per intenderci, o anche solo al tavolino di un’affollata piazza Vittorio il sabato sera. O quello che ti ritrovi accanto da anni, nel peggiore dei casi. Quelli che hanno bisogno di crescere, insomma, e non di sentirsi legittimati dai media.

Un po’ come sparare sulla Croce Rossa, mi viene da dire. Ma come sempre…  viva la mamma!

Si parla tanto di mercificazione. Del corpo della donna, sempre, come se quello dell’uomo non fosse poi mercificato uguale. Chi non ricorda ancora con gaudio il tizio muscoloso della CocaCola ogni volta che una lattina fa tschhhhhh alzi la mano. E poi la nasconda veloce perché tanto non ci crede nessuno. Si parla di mercificazione, e di come il corpo femminile venga usato per i più biechi scopi. Di mercificazione, e di come il corpo venga sfruttato per attirare l’attenzione del pubblico. Di mercificazione, e parte la crociata contro le Veline. Si inventa il corpo di donna pronto da vendere, stile polletto. E poi parole, parole, parole sul capitalismo e sulla mancanza di valori nella società moderna. Poi un giorno capiti su pagine di facebook a caso.

Tette e culi in foto profilo provocanti e aperti a tutti (ok, parlavo degli album), a metà tra Intimissimi e Tabù Sexy Shop. E io che pensavo che nel 2011 certe cose non si usassero più. Scopro che non solo si usano ancora, anzi sempre di più, per cui se non hai almeno un album di foto tue in mutande sdraiata negli angoli più impensabili della casa (c’è anche chi si struscia contro gli stipiti, è evocativo uguale) non sei nessuno. Le foto devono essere fatte con l’autoscatto, possibilmente, o al massimo da un amico disponibile a perdere interi pomeriggi a ritrarti nella speranza di farti sembrare bellissima. O particolare, almeno. E i patti sono chiari: cerca di non prendere la faccia. Punta lì, in mezzo alle tette. Per il resto, grandi frange che coprono il viso e prospettive che donerebbero a chiunque. C’è anche qualche speranzosa che si fa fotografare da professionisti, e i risultati sono identici, solo più ritoccati con photoshop. E’ un tripudio di culi presi dal basso, di tette prese dall’alto, di curve su letti e stiletti, di tanga insalsicciottanti e bustini comprimenti. Che se poi fai lo sforzo di andare a vedere gli altri album scopri nel migliore dei casi che la tizia ha una cellulite che fa paura, nel peggiore che è un cesso terrificante. E a quel punto rivaluti anche il lavoro del fotografo e le prospettive in genere. Ma la cosa più divertente, tralasciando per un attimo il grado di cultura delle interessate (“c’è lo”, “sembra che faccio paura”), sono i commenti. Commenti che, per quanto la fanciulla in questione possa fare ribrezzo, ci sono sempre,  immancabilmente, copiosi. E sono commenti affamati, commenti voraci. Spaziano dal più timido “mamma mia tanta roba te sei fantastica giuro :)” al propositivo e originale “fantastica…ti asciugo i piedini con la lingua? ;-)”, passando per lo sfiduciato e complimentoso “Il mio sogno sarebbe di vederti nuda,in tutta la tua bellezza…mi sembra difficile ma la speranza è l’ultima a morire 😉 Resti sempre e comunque la più bella,un bacio”. Per poi culminare col più attivo “TES SPERO CHE IL TUO LUI… SIA UN ANIMALE,…..DA ………SSSSSS” (finezza che comunque è in perfetto accordo con la tizia e le sue enormi tette rifatte) e il fintodisinteressatomoralista  “capisco ke sei molto carina,ma sempre questa mania di “mostrare” le tette,e sguardi ammiccanti”. Eh, dico anch’io.  Ci sono poi i “tutto al posto giusto che fi….”, che ti chiedi con COSA siano usciti fino a quel momento; i simpaticoni con i “beata Te, qui si congela !” di fronte alla bellezza di turno nuda su un letto, ovviamente in bianco e nero che è così artistico (ma lo sfondo è un termosifone); gli sgrammaticati “Cmq questo intimo blu te lo visto in altre foto, vedo che ti piace molto :)” e quelli che (forse sì, indotti dalla presenza ingombrante del termosifone) accennano con estrema delicatezza un consiglio  “la perfezione non esiste ma non avevo ancora visto qualcosa che ci assomigliasse tanto!!!!!!!!! bellissimo set di foto… ma manca ancora qualcosa… un fotografo!…”. Ci sono anche gli inguaribili romantici: “hai un culo che e’ un’opera d’arte, sembra fatto con martello e scalpello 😉 bellissima veramente ,-)”, e i comici nati, che davanti al primo piano del culo della bionda se ne escono con “il tuo punto di forza è il sorriso vero?ahahaha..scusami ma non riuscivo a resistere..:) take it easy!!!!!!”. C’è anche spazio per il verace “madó chi fimmina ♥” e il “Solo svegliandosi con una donna cosi’ un uomo puo’ sentirsi veramente appagato!!! Cosa darei……….”. C’è anche un  “very topa! :-)”  azzardato sotto la foto di una milf rifatta dalla testa ai piedi, la scelta lessicale stona un sacco con l’età della protagonista. Alla fine perfino un timido “ Mamma mia….quando ci sposiamo.. ahahahahh.. :-)”, dove sposiamo fa rima con un altro verbo che inizia per esse, ma il romanticismo è l’ultimo a morire.

Il premio Lapsus Freudiano, però, lo vince Andrea, che commentando la foto di Gaia si lascia scappare un “rido xk hai la faccia seria da dioo ihihihih però stai pene in sta foto ;)”.

“Il miglior condimento del cibo è la fame”, diceva Cicerone. Eccome, dico io.

Ho passato la mattinata al ShampaVillage. In mutande su un lettino a farmi coccolare con cera calda e strap-strap-strap. Spatola, striscia, pinzetta, olio. Gambe, inguine, sopracciglia. Era ora. Tutto attorno a me belle, giovani e shamposissime apprendista-estetiste intente a sperimentare tutti i trattamenti sulle clienti e tra di loro. 

E’ primavera. Sono uscita dal letargo, ho eliminato il pelo accumulato in lunghi mesi di niente-gonna-che-fa-freddo-niente-sesso-per-stesso-motivo. Adesso è tutta un’altra cosa. Gonne a gogò, che è primavera. Per il sesso niente da fare, ci sarà il passaggio da niente per il freddo a niente per il troppo caldo.

Stando tra le sosia delle scosciate di Sucker Punch ho deciso: cambio direzione. Voglio fare l’estetista. Voglio avere 18 anni e iscrivermi a quella scuola lì, e passare le giornate a farmi fare trattamenti gratis dalle amiche. Pulizia del viso, trattamento per la circolazione, massaggio seno, ceretta, massaggio per la cellulite. Gratis. Tutti i giorni. Che poi su di loro è tutto sprecato, non ne hanno bisogno. Usatele su di me, sperimentate! Riesumatemi.

Beh, mi sono sentita un po’ loro nonna, e ho pensato Cazzo, è ora di morire.

Non so, sarà che è un periodaccio. Mi sento vecchia. Mi sono sentita vecchia improvvisamente un giorno, e altrettanto improvvisamente ho capito perché gli uomini corrono dietro le giovinette. Perché? Ma ce lo chiediamo, vecchie carampane? Siamo fossili, care le mie vecchiotte, fossili e fossilizzate. Con pretese, con arie, con giudizi. A vent’anni non hai niente di tutto ciò. Nel peggiore dei casi puoi essere un po’ snob e me-la-tiro, ma in tutti gli altri a vent’anni sei una meraviglia. Bella, soda, la cellulite non sai nemmeno che forma abbia, le tette rotondette e piene, il culo sta su anche senza i collant 100 denari. Sei senza pregiudizi, idealista, felice, spensierata. Se poi fai l’estetista sei spensierata un po’ più delle altre, perché non so quali preoccupazioni possano dare i punti neri e i peli incarniti tra l’altro non tuoi. Voglio diventare estetista. Ma che poi no, anche lì c’è tutto uno stile di pensiero. Tipo che se è solo per abitudine che la mattina passi quei tre minuti davanti allo specchio a imbellettarti; se resisti per più di due o tre mesi senza provare alcuna tentazione di eliminare i peli dal tuo polpaccio, anzi ti piace passarci in mezzo le dita e osservare le sfumature di colore che prendono allungandosi; se riesci a passare davanti alla vetrina di Sephora senza nemmeno accorgertene… beh, l’estetista non la puoi fare. E’ una vocazione, ed è una Signora Vocazione. Perché i centri di estetica sono come le onoranze funebri: ce n’è sempre bisogno. Ed andarci per riflettere sugli anni che passano è un po’ come morire.

 

Ti accorgi che stai invecchiando quando… 

Sostituisci l’abbonamento decennale a Cosmopolitan con quello a Starbene, perché non è più avere notti sempre più hot che ti interessa, ma avere sempre più giustificazioni plausibili per evitarle.

Le ragazzine che attaccano bottone con te  finiscono per chiederti “Ma perché, quanti anni hai?” e replicano con un “Ah”. Seguono silenzi imbarazzanti e occhiatine in giro per trovare spunti e  cominciare discorsi adatti alla tua età, finendo poi sempre con un “sei sposata”?

Sostituisci il caffè serale con la tisana al finocchio, perché altrimenti non dormi. Senza contare che è un ottimo digestivo.

Quando ti svegli al mattino sembri una costruzione Lego. Tutta da rimontare. Clic, clac, argh.

Tua madre esordisce con un “Ma perché non ti compri qualcosa di più giovanile da mettere addosso!”. Ti sforzi di comprare qualcosa più da… shampista per poi rinunciare in preda al panico. Realizzi che non hai più il fisico, troppe rotondità.

Inizi a chiamare gli strati di adipe molliccio e bucherellato che ti si sono depositati addosso con gli anni “rotondità”. E non sei grassa, sei robusta.

Ti sorprendi a commentare la potenza pulitrice dei detersivi per pavimenti tra gli scaffali del Carrefour con una casalinga che ha il triplo dei tuoi anni, annusandoli tutti prima di comprare MastroLindo solo perché era una pubblicità stra-in-voga quando eri piccola. Dev’essere per colpa sua che per un periodo hai cercato solo uomini tutto muscoli (il niente cervello che implica è cosa verissima, testato su ampia gamma).

Cominci a comprare le cose che vedi in pubblicità, e non puoi più fare a meno del Glade Microspray, che ti profuma il salotto in modo discreto e duraturo. Come rinunciare a una casa che profuma di mela e cannella!

Passi in farmacia i tuoi pomeriggi liberi, sei informatissima su tutti i prezzi, i dosaggi e le ultime novità. Stai facendo amicizia con la farmacista, che ti ha preso sotto la sua ala protettrice cercando di sostituirsi a Lourdes. Sei il suo investimento più grande.

Trascorri i momenti liberi in cui non sei in farmacia a pulire la casa, nel tentativo di sbiancare tutti gli spazi tra le piastrelle del pavimento ed eliminare ogni infinitesimale traccia di calcare dai tuoi lavandini.

Vai dal medico non per chiedergli impegnative e ricette, ma solo “un consulto”. Il primo passo verso l’andarci solo per fare due chiacchiere, mentre i giovani in coda dopo di te imprecano e la badante si gode l’ora d’aria.

Vai a letto in compagnia di due gatte e due borse dell’acqua calda, una grande per la pancia e una piccola per i piedi. Giri per casa con una versione non impermeabile dei Moon Boot, con il pelo all’interno, e i calzini di lana colorati.

Passi ore al telefono con la nonna ottantenne parlando di TENS e applicazioni: sei la persona più informata a cui lei possa chiedere un parere. E non hai studiato medicina.

Dici al tuo fidanzato “Domani alla luce ti faccio vedere quanti capelli bianchi ho!” e lui ti risponde serafico che “Mur, si vedono anche così”.

 Ma è proprio dagli insulti che ti vengono in mente in quel preciso istante che capisci di essere ancora giovane, tutto sommato.

…“Prometti di amarla e onorarla, nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, finché morte non vi separi?”

Sei a casa da due giorni con l’influenza, abbandonata a te stessa, uccisa lentamente dalla sinusite e scatarrante ad ogni boccata d’aria. Non ti lavi da un giorno, sei in pigiama dall’ultima volta che ti sei lavata e sul pigiama hai messo anche la vestaglia pelosa rosa evidenziatore, per non prendere freddo. Lui, preso da improvviso spirito umanitario, dimentico di tutti i pericoli di contagio, decide di venire a trovarti. “Hai bisogno di compagnia e coccole!”, ti dice al telefono,  facendoti presagire seratina sotto le coperte tra massaggini e strofinatine di naso (sì, come gli esquimesi. Se ti baciasse con la lingua rischieresti il soffocamento).

Arriva mentre tu sei lì attaccata al cordicino dell’aerosol, intenta a liberare almeno il primo tratto di cavità nasale per non dover comunicare a versi, cosa che ti renderebbe un po’ meno umana. Ancora. “Ciaaaao!”, gli dici, scodinzolante, felice di avere qualcuno intorno. “Ciao mur! Mamma, mur, che colorito. Sei grigia! E hai le occhiaie ancora più grigie!”. “Ma fottiti!”, pensi forse a voce alta. “Ma povero mur”. La serata, invece che sotto le coperte, prosegue davanti alla Corrida, vista per intero, la prima (ed ultima, malattia permettendo) della mia vita. E dopo la Corrida, una tazza di tè caldo e La donna bionica. Ma la cosa più riprovevole: tra una pubblicità e l’altra lui ti ha rifiutato. Ci hai provato, eh, ad allungare le zampe e strofinarti un po’, ffrrr-frr-frrrrr, presa da picco ormonale mai visto prima, ma ti ha rifiutato. “Mur ma sei malata! Prendi freddo!”.

Gli uomini! Finti. Falsi come Giuda. Non ti dicono “Mur mi ricordi tanto  un incrocio tra Yoda e Uan, sei eccitante come Tinky Winky”, ti dicono “Ma amore prendi freddo!”. Come sono altruisti. Che spirito. Tu incassi, tiri su di naso, e ti accoccoli sotto la sua ascella ammirando le tecniche di combattimento della donna bionica, una stangona bruna supersexy, aspettando tempi migliori. Chissà se si immaginasse di poter arrivare a tanto, quando ti ha chiesto di sposarlo.  Che lo ha fatto il primo d’aprile, eh, per poi essere libero di dire “scherzoneeee!” alla prima malattia. O forse ci ha creduto davvero, di volerti tenere per sempre, in salute e malattia, truccata o struccata, in pigiama o autoreggente, e forse solo quando, a distanza di quasi un anno, hai dovuto riportare l’anello al negozio per farlo allargare di tre misure, tre, forse ha iniziato a ripensarci. Ma a quel punto hai dato un’occhiata rassicurante al suo manigliozzo dell’amore e hai pensato “Questo sì che è crescere insieme”. Ah, l’amore.

Con occhio disinteressato passi in rassegna cerotti medicati, creme congela-verruche, scovolini da denti, pietre pomice per calli incalliti, separatori per dita. Durex Jeans, Durex Contatto Ultra, Durex Contatto, Primex Endurance Ritardante, Primex Pianificazione Familiare, Primex Extra Stimolante… Pietre pomice. Piani… che?!

Egregio Dott. Primex, ma come Le è saltato in mente? E soprattutto, perché? Partiamo dal presupposto che già il profilattico ha una brutta fama – puzza di guanto di chirurgo, non ha una coscienza e quindi non si scarta autonomamente per poi saltellare al suo posto quando serve, creando fastidiosissime interruzioni dell’Atto. Per non parlare di quando non si srotola, e per capire da che lato prenderlo è necessaria attenta analisi sotto la lampada del comodino , cui segue dissertazione su “punta in su”-“punta in giù”, accompagnato poi  inevitabilmente da moria diffusa e bacio della buonanotte sulla fronte della fidanzata. Dargli anche un nome come Pianificazione Familiare… beh, mi sembra un tantino controproducente. A quel punto era meglio dargli il nome di un Sette Nano, avrebbe ucciso meno quel residuo di libido che giace più o meno a metà di ognuno di noi. Eolo. Aveva un naso enorme, è evocativo e promette bene. Cucciolo, fa tenerezza, e a noi donne la tenerezza piace. E’ con tenerezza, in fondo, che guardiamo il vermicello molle che vi pende tra le gambe (solo nei casi più fortunati) dopo aver smesso le vesti della temibile Bestia Venosa e Pulsante assetata di sesso. Qualsiasi cosa sarebbe stata meglio di Pianificazione Familiare, Dottor Primex. Fa evaporare qualsiasi pozzangherina di ormoni rimasta. Puff. E’ l’unico espositore del supermercato rimasto pieno, non ne manca nemmeno una confezione, e credo di sapere il perchè. Troneggia nella sua confezione azzurro-bebè, inviolato e minaccioso. Pensare che ce ne sono dentro 24, e costano pochissimo.

Questo è progresso. Ai miei tempi, per fare pianificazione familiare ci volevano un sacco di sforzi. Dovevi essere svelta nel bucare il preservativo senza che lui se ne accorgesse, avvalendoti dell’aiuto degli orpelli più improbabili, borchie, spilli, anelli puntuti, denti affilati, pane amore e fantasia.

Ma Pianificazione Familiare è un profilattico pensato dalle donne per le donne, un po’ come Lines E’. Me le vedo, tutte quelle strafighe di bianco vestite, sotto luci e tra pareti bianchissime, a studiare il preservativo bucato più discreto che c’è. Se non lo provi, non ci credi! Per una pianificazione familiare sicura, che non si vede e non si sente. Ma c’è. E nove mesi dopo lo scopri anche tu, piccolo ignaro fecondatore.

Questo blog è morto. Diventato obsoleto insieme ad Alice e il suo Paese delle Meraviglie. Non se lo è mai cagato NESSUNO, e dico NESSUNO, poi lo ha rivisitato Tim Burton e ne parlano tutti. Ed ecco citazioni nuovissime e indimenticabili su tutti gli status di Facebook e Stregatti un po’ da tutte le parti. Devo cambiargli il nome, pensavo a qualcosa come In cura da uno bravo o LeSegheMentaliNonFinisconoMai. Banali entrambi, lo so.

Che poi tanto crescendo scopri che nel Paese delle Meraviglie ci finisci solo se ti droghi. Finisci perfino di sognare, con l’età. Invece di sognare di parlare col tuo gatto, inseguire il Bianconiglio, eventualmente perdere la scarpetta in corsa ed essere sposata dal Principe, per poi scappare con il Cappellaio Matto dell’ultima edizione (perchè non ce n’è, Depp è meglio di qualsiasi principe ancora disponibile sul mercato), hai incubi. Ricorrenti, magari. Come quello in cui cadi nel pozzo e un serpente ti fa a pezzi per poi rigettarti fuori. Tanto per dirne una. Oppure quella in cui il tuo fidanzato o supposto tale ci prova col mondo intero ignorando le conseguenze di una simile Minchiata. Tanto per dirne una.

Ecco la mia storia nel Paese delle Meraviglie. Alice è una bella fanciulletta, parla coi suoi gatti, non ha capelli color platino (per amore del bello e del vero) e conduce una vita appartata e tranquilla nel Mondo di Quassù. Un giorno, seguendo il Bianconiglio, si ritrova nel Paese delle Meraviglie. Incontra subito il Principe, che ha tanti difettucci ma almeno non è azzurro. Si fidanzano. Vive nel Paese delle Meraviglie col Principe per quasi due anni, resistendo alla tentazione di scappare con Cappellai, Brucaliffi, Dodo e chi più ne ha più ne metta, perchè non ne ha alcun bisogno. A lei basta il Principe. Pensare che prima di conoscerlo sarebbe fuggita con qualsiasi essere di sesso maschile o semplicemente di sesso e basta, perfino con il Dormouse. Il Principe le dichiara devozione assoluta ogni giorno. Però dichiara devozione anche a tante altre. La prima è una straniera, capitata un giorno per caso nel Paese delle meraviglie, attraente e con accento inglese. Alice trova tutte le conversazioni con lei, e lascia il Principe. Lui si scusa, si riscusa, promette di non farlo più (mai credere ai Principi quando dicono che non succederà più) e i due tornano insieme dopo qualche schiaffo. Qualche crisi, come in tutte le coppie più belle del mondo, e poi di nuovo il trionfo dell’Amore. Stiamo insieme per sempre, troviamo un lavoro, andiamo a vivere insieme, sposiamoci, facciamo bambini, tanti nipoti. Grandi progetti, quelli che si fanno in questi casi. E’ bello stare seduti su una panchina, immobili, pensando a grandi cose. Sempre immobili, però, prima e dopo. La seconda è una francese, capitata anche lei un giorno per caso nel Paese delle Meraviglie, attraente e con – ok, è ovvio- accento francese. Alice trova tutte le conversazioni con lei, e lascia il Principe. Lui si scusa, si riscusa, promette di non farlo mai più….. no, non è vero. Non si scusa neanche. Alice non lo scuserebbe per la seconda volta, e lui lo sa. Per questa seconda volta in più c’è l’aggravante che la francese si farebbe anche i pali della luce, e l’idea che il Principe, oltre che irrispettoso, sia stato anche terribilmente coglione a cascarci come una pera marcia dall’albero, non le va giù.

Che storia noiosa. Adesso capisco perchè Carroll non ha previsto nessun Principe in Alice nel Paese delle Meraviglie: non sarebbe più stato delle Meraviglie.

Dio perdonaci, perchè L’abbiamo sfigurata. Bisognerebbe istituire un corso di laurea in “Restauro Della Bigioia: come farla diventare più bella”. Se non proprio un corso di laurea, almeno un master, o proprio alla peggio un corso della Regione. Di quelli che poi magari un lavoro non lo trovi, ma hai fatto qualcosa di utile per la tua formazione. Tipo imparare a rammendare i calzini di tuo marito, che non hai ancora ma che adesso, sicura dell’arte del rattoppo e pronta a servire per tutta la vita, troverai.
Ce l’hai data coi peli, e noi quei peli li abbiamo rinnegati. Non li vogliamo proprio. Non sono igienici, non sono estetici, non sono dello stesso colore dei capelli quando ce li tingiamo. Non sia mai. Per senso del pudore, ma soprattutto nel rispetto del canone del Bello, io la mia tendo a nasconderla. Lascio il triangolino che tanto mi pare naturale, e estirpando i peletti di troppo rispetto le proporzioni circonferenza interno coscia-patata. Perchè se hai cosce di cinquanta chili cadauna, che si congiungono in un punto non ben identificabile sotto cuscini cadenti di morbido grasso, dovresti evitare di mettere in risalto quel “non ben identificabile” rasandolo tutto, lasciando solo una sottilissima I. I come Inferno, I come Infermo, I come Ilgustodellorrido. Fa obiettivamente schifo. E anche quella tutta tutta rasata, se non sei proprio uno stuzzicadenti di donna, incute timore reverenziale. La guardi lì, lucida, grassa, autorevole, morbida, così… divisa, e pensi che non vorresti essere uomo. Infilarti lì in mezzo? Na, potresti non uscirne mai più, o perdere per sempre la tua preziosissima Arma. Se poi sfoggi una chioma biondo platino e lì sotto hai una foltissima peluria color ebano, c’è qualcosa che non funziona. Dev’essere una di quelle cose che manda in visibilio i maschietti. Poi c’è sempre la magrolina con la pipistrella coi boccoli. La guardi, e ti sembra che ti voglia fagocitare da un momento all’altro.  E’ enorme: stai lì, la guardi, e non capisci come una cosa tanto folta, vaporosa e boccolosa possa stare appiccicata a un donnino così esile. Pensi che Fffshtt. Anche questa dev’essere una cosa che fa impazzire gli uomini. Poi ci sono le creative: acconciate a S di Supergnocca, a stelline di Tifaròsentireincielo, a Fulmini di Cirimarraiseccoedovraitornare.
Dio ti perdono, perchè di peli dovevi darcene di più. Mi avrebbero permesso di farci un murales con scritto “Tu non puoi entrare”.  Adieu, ormoni cazzuti di tutto il mondo.

bara di facebookQuando la tecnologia invece di fare miracoli fa disastri. Quando vai su Facebook per abitudine ma stringi i denti, perchè vedere tutti quegli status, entrare nelle altrui vite ti fa girare vorticosamente i coglioni. Perchè a te non interessa. A qualcuno di loro sì. A quelli che ogni giorno ti commentano lo status, quelli che osservano e analizzano. Ma io non sono loro. Poi quando discuti con qualcuno allora gli status diventano manovrati. Ci leggi dentro un significato solo, sai che è quello, anche se potrebbe voler dire mille altre cose. Quando “cucino gli spaghetti” (che poi, chissenefrega) diventa “vedrai come ti faccio fritto”. Sembriamo tutti tornati alle elementari, quando il nostro compagno di banco carino diventava “elefantino” giusto attirare il suo odio (di qui, la sua attenzione e nel migliore dei casi addirittura il suo letto, una volta cresciuti).

Però alle elementari non ci siamo più. Mi avete rotto le palle. Da oggi ho un orso grigio e peloso per profilo. Ha un occhio solo, ma meglio così, almeno non è costretto a vedere tutto anche da lì. Ho un orso grigio e peloso e pochissimi amici, un nuovo profilo perchè quello di prima non era più mio ma di dominio pubblico. Così è rimasta la mia faccia su una pagina dai contenuti vuoti ma assolutamente non discutibili, a fare da facciata. Lì, bella, buona, che augura a tutti una felice settimana. Sperando che la metà dei contatti muoia dentro (quando possibile, anche fuori) nel non sapere più i fatti miei. E’ successo che ho ottenuto un ruolo pubblico, per una stupidissima associazione, e non lo volevo. Così io, rompicazzo, spontanea, schietta e sincera, ho cominciato ad avere problemi per via della ristrettezza mentale di alcuni membri e per via del mio caratterino scontroso. Più della ristrettezza mentale loro, comunque.

Tutto questo per dire… fottetevi, gente, e trovate altre ragioni di vita che non siano me.

cosmopolitanPer fortuna che c’è Cosmo. Questo mese consiglia come resistere in vacanza. Tu e lui.

Problema 1: lui crolla appena mette piede nel letto, tu vuoi leggere un po’. Non ci crederete, ma invece di indagare sul perchè lui crolli appena vede il letto invece di saltarti addosso come un mandrillo (stanchezza cronica? pressione bassa? ormoni a terra?), consigliano di usare una lampadina da 45 watt, che non disturbi troppo la melatonina del bell’addormentato e permetta allo stesso tempo di non accecare te, lettrice accanita.
Problema 2: tu ti svegli al terzo caffè, lui si alza iperattivo. Cosmopolitan non consiglia di mandarlo a giocare sui binari del treno o nei tombini, ma di impegnarlo nel portarti il caffè a letto. Ci sta.
Problema 3: lui punta sempre la sveglia. E’ probabilmente ansioso, leggo qui, ha bisogno di ordine e controllo. Già. E cosa ne dite di un lui che invece di puntare la sveglia lascia il telefono acceso tutta la notte aspettando che sia il primo tritacazzi della giornata a fare da sveglia?? Io ne so qualcosa. E non c’è rimedio. Soprattutto perchè i tritacazzi sono infiniti, quelli che incuranti delle tue abitudini si svegliano alle 6 e aspettano ben due delle loro preziosissime ore a chiamarti, per farti un favore, anche se è una domenica di agosto.

Sfoglio annoiata il giornale, e non ci trovo un contenuto interessante uno. Parla del “fat day”, quei giorni in cui ti guardi allo specchio e ti senti la sorella grassa di Platinette, poi la pagina dopo spiega come gli uomini trovino attraenti le nostre rotondità ed imperfezioni. Sottolineando però che la linea è importante, che in spiaggia si nota ogni singolo dettaglio. Per condire il tutto, ci riempie le pagine di bikini disegnati su bambine del biafra e creme costosissime anticellulite, anticandida, anticervellobacato. Consigliano perfino un dentifricio al gusto mojito, come se appena sveglia avessi voglia di bere mojito.

La pagina che tengo per ultima è sempre quella del Lei/Lui confessa: ben due pagine di seghe mentali di (spero fittizi) personaggi più o meno sani di mente (ah tra l’altro c’è anche l’oroscopo dell’estate hooot, che mi consiglia di comprarmi un paio di orecchini a cerchio in oro ed indossarli il 3 agosto, arriverà una splendida sorpresa. Tipo la zingara che li rivuole indietro, o la lettera della mia banca che mi comunica di non avere più il becco di un quattrino).
C’è un lui con un nickname gayssimo, Andy, che ci racconta con minuzia di dettagli di aver avuto un durello nel camerino di un negozio, e averlo fatto notare con prepotenza alla commessa che “non s’è mica imbarazzata, mi ha dato una bella occhiata sorridendo maliziosa”.  Conclude minaccioso dicendo “credo tornerò in quel negozio, voglio proprio vedere se la faccenda si ripete”. Deve proprio essere stato un evento.
C’è Amedeo che pare sia geloso passivamente per il passato della sua donna, straordinaria a letto (ed è ovvio che non si nasce imparati, ma la perfezione è frutto di numerose prove tecniche). Si arrabbia con lei, ma non ha il coraggio di confessarle perchè, le cose si stanno rovinando. Sarà sempre peggio, ma lasciamogli credere che no.
Teo invece vorrebbe salterellare un po’ sulla nuova collega di lavoro, di origine afroamericana, che assomiglia alla Obama (…) solo un po’ “più giovane, alta, statuaria e con denti bianchissimi”. Non ha il coraggio di invitarla fuori, ma è geloso dei colleghi che potrebbero farlo, perchè interessati a lei. Lo faranno, Teo, accontentati di una coi denti meno bianchi e vedi che andrà benissimo.

Per fortuna la pagina del Lei confessa è molto meno adolescenziale e da sega mentale: c’è Simona che si scopicchia l’istruttore di windsurf che piace alla sua migliore amica, Joana che ha lasciato il fidanzato perchè non si era accorto di avere un’appendice in grado di procurare piacere, Deborah invidiosa di una collega apparentemente perfetta (e cosa sarà mai), Sonia che si è fatta due punturine di Botox e non lo ha confessato alle amiche, Diana che non trova un uomo in grado di tenerle testa. Rinunciaci, non esiste.

Bah, come sono felice di non essere una Cosmogirl.